
Fonti giornalistiche: la guida per professionisti dell’informazione e della comunicazione
Nel giornalismo la credibilità di una notizia dipende dalla qualità delle sue fonti e, ovviamente, dalla bravura di chi la scrive. Conoscere e saper distinguere le fonti giornalistiche non è soltanto una competenza tecnica, ma l’essenza più profonda della professione. Che tu sia un neogiornalista alle prime armi, un/a aspirante professionista dell’informazione o un copywriter che vuole elevare la qualità dei propri contenuti, non puoi farne a meno.
Cosa sono le fonti giornalistiche?
Quando accade un fatto, difficilmente il/la giornalista si trova sul posto e può averne notizia immediatamente. Per questo la maggior parte dei servizi giornalistici utilizza altre fonti per informare i cittadini. Le fonti giornalistiche sono persone, istituzioni o documenti in grado di fornire informazioni vere sui fatti e sui fenomeni che hanno carattere di notiziabilità. In sostanza, rappresentano il ponte tra l’evento reale e il racconto.
Attenzione, però, perché una fonte non è mai neutrale: ogni persona, documento o istituzione che ci fornisce informazioni ha un punto di vista, un interesse, una prospettiva specifica. Il compito dei giornalisti è allora quello di verificare la veridicità dei fatti, di identificare, utilizzare e confrontare più fonti così da riportare le notizie in modo completo e accurato.
Le tipologie di fonti giornalistiche
Le fonti non sono tutte uguali. La classificazione avviene su tre livelli:
- l’immediatezza della testimonianza;
- l’autorevolezza;
- l’identificazione.
Fonti dirette vs fonti indirette
La prima distinzione si basa sulla presenza – o meno – di testimoni a un evento: chi assiste personalmente a un evento è considerato una “fonte diretta”; se le informazioni vengono apprese in altro modo – attraverso agenzie di stampa o giornali concorrenti – invece si tratta di una “fonte indiretta”.
I testimoni oculari, i protagonisti di un evento sono considerati fonti dirette e sono preziosissimi, perché offrono la prospettiva di “chi c’era”. Tuttavia è sempre bene procedere con una verifica incrociata, perché la memoria e la percezione possono essere fallaci.
Le agenzie di stampa, i giornali, i blog, i report e le ricostruzioni basate su documenti – seppure spesso più approfondite e verificate – sono fonti indirette e perdono l’immediatezza e il coinvolgimento emotivo delle fonti dirette.
Fonti primarie vs fonti secondarie
Un comunicato diffuso da un ministero ha più autorevolezza del resoconto di uno sconosciuto, per il quale sarà il giornalista a confermarne l’attendibilità. Questa distinzione è fondamentale per valutare la credibilità delle informazioni che si raccolgono. Sono fonti primarie i rappresentanti governativi e le istituzioni pubbliche, le forze dell’ordine, la magistratura, gli esperti socialmente riconosciuti nel settore di competenza, i documenti ufficiali e gli atti amministrativi, i comunicati stampa e gli enti autoriali. Si tratta di soggetti più autorevoli, che però possono avere interessi specifici da tutelare.
Sono fonti secondarie, invece, i testimoni occasionali, i cittadini coinvolti negli eventi, i blog e i siti personali, i social media di personaggi non pubblici, le voci e le indiscrezioni. Per queste è necessario che il/la giornalista ne attesti l’attendibilità.
È spesso dalle fonti secondarie che nascono le storie più interessanti, ma bisogna, prima della pubblicazione, che siano confermate da fonti primarie.
Fonti ufficiali vs fonti ufficiose
Una distinzione che nel corso degli anni si è rivelata sempre più importante è quella tra fonti ufficiali e ufficiose:
- le fonti ufficiali rilasciano dichiarazioni attribuibili a persone che se ne assumono la responsabilità pubblica e che si identificano con nome, cognome e ruolo;
- le fonti ufficiose preferiscono rimanere anonime e spesso rivelano retroscena, criticità interne, informazioni che ufficialmente non potrebbero essere divulgate.
Nel mio percorso professionale ho imparato l’importanza di entrambe. Le fonti ufficiali garantiscono solidità e verificabilità alle nostre storie, mentre quelle ufficiose spesso ci permettono di andare oltre la versione “di facciata” e di raccontare la realtà più complessa che si nasconde dietro i comunicati ufficiali.
La segretezza e la protezione delle fonti
“Quelle sono dichiarazioni rese da un incappucciato e il giornale non dovrebbe consentirle”. Mi è capitato spesso di sentire queste frasi, soprattutto a seguito di dichiarazioni “scomode” fornite da fonti anonime. Invece la loro protezione è una molteplice tutela: della verità, della sicurezza di chi si espone, del diritto.
Il diritto al segreto professionale
La protezione delle fonti è uno dei pilastri dell’etica giornalistica. Come professionisti dell’informazione, abbiamo il diritto-dovere di proteggere l’identità delle nostre fonti quando ce lo richiedono. Si tratta di un principio deontologico tutelato pure dal Codice di procedura penale, che riconosce ai giornalisti il diritto di non rivelare i nomi delle loro fonti, salvo casi eccezionali in cui sia in gioco la sicurezza nazionale.
Nel corso della mia esperienza ho dovuto ricorrere a questo principio più volte, per esempio quando ho intervistato donne vittime di violenza.
Tecniche di protezione delle fonti
L’era digitale ha reso più complessa la protezione delle fonti, ma anche fornito nuovi strumenti per garantirla. Ne sono un esempio le comunicazioni sicure delle app di messaggistica criptata, le connessioni VPN, l’opportunità di eliminare la cronologia delle ricerche.
Come verificare l’affidabilità delle fonti
Per giudicare vere le informazioni fornite da una fonte non basta l’apparente buona fede di che le rende, ma occorre una verifica attenta. Ecco il metodo sistematico che applico personalmente:
- primo livello – verifica dell’identità. Mi chiedo chi sia la persona che fornisce le informazioni, quale sia il suo ruolo, se abbia o meno accesso diretto alle informazioni che mi rende. Questo perché le persone tendono spesso a sovrastimare la propria conoscenza dei fatti;
- secondo livello – verifica dell’interesse. Nel secondo step mi interrogo sulle ragioni per le quali la fonte vuole fornire le informazioni, cosa ha da guadagnarci o perderci. Se nessuna fonte può essere considerata completamente neutrale, riconoscere gli interessi in gioco ci aiuta a contestualizzare meglio i fatti;
- terzo livello – verifica incrociata. Cerco conferma di queste informazioni da almeno altre due fonti indipendenti, per verificare che siano coerenti tra loro e quali discrepanze ci siano;
- quarto livello – verifica documentale. Nella quarta fase controllo l’esistenza di atti, documenti, prove tangibili autentiche a supporto delle informazioni e le consulto.
Segnali d’allarme da non ignorare
L’esperienza mi ha insegnato a riconoscere alcuni segnali che dovrebbero insospettire sempre, oltre al clickbaiting e alle notizie sensazionalistiche. Per esempio, quando una fonte fornisce informazioni “perfette”, con dettagli e senza alcuna zona d’ombra, è il caso di approfondire ulteriormente. Lo stesso vale quando ci mette fretta per la pubblicazione o quando si oppone alla richiesta di mostrare documenti a supporto.
Strumenti per la verifica nell’era digitale
La tecnologia ci ha fornito strumenti potentissimi per la verifica delle fonti, che utilizzo regolarmente durante i miei corsi, come Google Lens per la verifica delle immagini, TinEye per la verifica dei profili social,Google Earth e Street View per verificare la coerenza geografica.
Le nuove fonti digitali
Con la disintermediazione, oggi, molti personaggi non hanno necessariamente bisogno dei giornalisti per comunicare con la propria audience. Per cui è diventata ormai prassi consolidata che le personalità pubbliche affidino ai loro profili social dichiarazioni, smentite, notizie in anteprima e così quant’altro di pubblico interesse.
Questa trasformazione ha rivoluzionato anche il lavoro giornalistico. Mentre prima dovevamo necessariamente andare a caccia di dichiarazioni durante interviste e conferenze stampa, oggi ci ritroviamo spesso a “inseguire” notizie lanciate sui social.
Possiamo dire, dunque, che i social media funzionino come fonte primaria per i profili ufficiali di politici, aziende, istituzioni. Un tweet del ministro dell’Economia ha quasi lo stesso valore di una dichiarazione ufficiale. E poi ci sono i cittadini comuni che documentano gli eventi in tempo reale attraverso video, foto, live streaming, diventando fonti preziose di news, dopo una verifica particolarmente accurata da parte del/della giornalista.
Governi e istituzioni rendono disponibili, grazie al web, open data e database: informazioni utili per inchieste approfondite che utilizzo regolarmente nel mio lavoro. Ultimamente, per esempio, ho utilizzato il sito dell’Amministrazione trasparente del Comune della mia città per verificare informazioni sugli stipendi di chi ha incarichi politici e sugli appalti con affidamento diretto.
Le sfide del giornalismo digitale
L’era digitale ha moltiplicato le opportunità, ma anche i rischi. La manipolazione digitale richiede un’attenzione sempre maggiore per individuare le fake news e la pressione per la pubblicazione in tempo reale può portare a una diminuzione della qualità delle stesse verifiche: meglio arrivare secondi con una notizia verificata che primi con una bufala.
Inoltre c’è il rischio che l’algoritmo dei social media ci “intrappoli” in bolle informative che rinforzino i nostri pregiudizi, selezionando persino le notizie da farci ricevere. Senza considerare che l’eccessiva quantità di informazioni ci espone al pericolo di non riuscire a individuare quelle importanti.
Gli strumenti di monitoraggio in tempo reale come Google Alerts e un lettore RSS può aiutare i professionisti a non perdere gli aggiornamenti di fonti e argomenti specifici.
Etica e responsabilità nell’uso delle fonti
Durante la mia esperienza ho imparato che il rapporto con le fonti è basato sulla fiducia reciproca, che va costruita e mantenuta nel tempo. Una fonte che si sente “tradita” non solo non collaborerà più con noi, ma potrebbe anche parlarne male.
È sempre bene essere chiari negli accordi, senza mai dare niente per scontato e rispettandoli. Questo implica anche la trasparenza sugli obiettivi: una fonte ha il diritto di sapere per quale tipo di articolo stiamo raccogliendo le informazioni e quale sarà il contesto in cui saranno rese note ai lettori.
I professionisti dell’informazione, poi, hanno una grande responsabilità anche verso questi ultimi. Ciò significa che, quando possibile, è sempre bene inserire il nome della fonte per consentire la valutazione della sua credibilità, rendendo note le sue competenze specifiche. E bisogna tempestivamente aggiornare/rettificare le informazioni quando necessario.
Le fonti come strumento per la propria credibilità
La gestione delle fonti giornalistiche è certamente l’aspetto che più di ogni altro distingue un professionista preparato da un dilettante. E le fonti sono anche uno strumento strategico per tutti i professionisti della comunicazione che desiderano differenziarsi dai loro competitors, nonché suscitare maggiore interesse con contenuti di valore e non superficiali.
Se questo articolo ti ha fornito spunti utili per la tua attività, ricorda che la formazione continua è fondamentale in un settore che evolve costantemente. Nei miei percorsi di coaching 1:1 approfondisco tutti questi aspetti con casi pratici, esercitazioni sul campo e aggiornamenti costanti sulle nuove tecnologie e metodologie. Perché, in fondo, la credibilità professionale si costruisce a partire dall’attendibilità delle nostre fonti.
Vuoi approfondire ulteriormente questi temi, imparare a scovare e verificare le tue fonti per servizi che facciano la differenza? Compila il form, raccontami la tua esperienza, e sarò felice di spiegarti come fare.