clickbait

Etica e clickbait: il sottile confine del giornalismo contemporaneo

Se hai cliccato su questo articolo aspettandoti rivelazioni sensazionali sul mondo del giornalismo, sorpresa: a differenza di molti contenuti che puoi trovare online, manterrò la mia promessa e cercherò di spiegarti il rapporto tra etica giornalistica e clickbait.

Quest’ultimo, pur non essendo una diretta conseguenza del giornalismo digitale, rappresenta una strategia ti marketing che impiega titoli accattivanti per aumentare il traffico sui siti web e generare entrate pubblicitarie. Ma è davvero funzionale?

Cos’è il clickbait?

Il termine clickbait – letteralmente “esca da clic” – si riferisce a contenuti online progettati per attirare l’attenzione degli utenti e spingerli a cliccare su un link.

Ma cos’è il clickbaiting esattamente nella pratica? È l’uso di elementi fuorvianti o esagerati in un’anteprima che promette rivelazioni straordinarie o emotivamente coinvolgenti che, nella maggior parte dei casi, non vengono neppure mantenute.

Attenzione, però: il clickbait si identifica non nello “scoop”, ma nella mancata corrispondenza tra titolo e contenuto. Si tratta di una pratica comunemente utilizzata nel giornalismo online, nei blog e nei siti di intrattenimento per aumentare le visualizzazioni e migliorare il traffico del sito web.

Il clickbait nella storia del giornalismo

Contrariamente a quanto si possa pensare, il clickbait non è un’invenzione dell’era digitale. Le sue radici risalgono alla fine del XIX, durante l’epoca del cosiddetto “yellow journalism” che si è sviluppato negli Stati Uniti. Ancora oggi molti giornali cartacei ne fanno uso, in tutto il mondo.

Persino i magnati dell’editoria Joseph Pulitzer – a cui è legato il prestigioso premio giornalistico e letterario – e William Randolph Hearst se ne servivano regolarmente per aumentare le vendite dei loro quotidiani; usavano immagini shockanti, storie romanzate e titoli a caratteri cubitali per notizie di dubbio valore.

Anatomia di un’esca perfetta

Per comprendere meglio cosa si intende per clickbait, bisogna identificarne gli elementi costitutivi. Un titolo clickbait efficace contiene tipicamente almeno uno di questi elementi.

1. Curiosity gap (divario di curiosità)

È la tecnica più diffusa che crea deliberatamente un “vuoto informativo”che spinge il lettore a cliccare per colmarlo. Esempi di clickbait di questo tipo possono essere:

  • “Non crederai mai a cosa ha fatto questo politico”;
  • “La scoperta che sta cambiando tutto ciò che sapevamo sulla nutrizione”;
  • “Il segreto che il Governo non vuole che tu sappia”.

2. Iperbole emotiva

Questa strategia contempla l’uso di aggettivi superlativi e avverbi per suscitare forti reazioni emotive. Per esempio:

  • “10 trucchi che cambieranno per sempre il tuo modo di…”;
  • “Il metodo segreto usato dai milionari per…”;
  • “L’errore che tutti commettono e che costa migliaia di euro ogni anno”.

3. Urgenza artificiale

Un titolo clickbait può creare intenzionalmente un senso di urgenza che spinge all’azione immediata. Succede quando si legge, per esempio:

  • “Prima che sia troppo tardi: la verità su…”;
  • “Agisci ora o te ne pentirai, ecco perché…”;
  • “Ultima chance per…”.

Qual è l’obiettivo principale del clickbait? Oltre i click

L’obiettivo del clickbaiting, a primo impatto, può sembrare esclusivamente quello di generare clic. In realtà si inserisce in un ecosistema economico specifico dove i clic generano visualizzazioni di pagina, queste determinano i ricavi pubblicitari e gli introiti finanziano i media digitali.

Il significato del clickbait più profondo è quindi quello di una risposta adattiva a un modello di business che ha reso l’attenzione – e non la qualità dell’informazione – la metrica principale del successo.

Come riconoscere un titolo clickbait?

Per riconoscere un titolo clickbait, basta intercettare alcuni segnali rivelatori:

  1. uso di pronomi dimostrativi vaghi (es. “questo”, “quello”, “ecco”) seguiti da affermazioni generiche (es. “questo trucco sta rivoluzionando…”);
  2. assenza di informazioni specifiche, con titoli che suscitano curiosità senza dettagli concreti;
  3. ricorso a termini come “incredibile”, “mai visto prima”;
  4. uso di maiuscole non dovute per creare maggiore enfasi;
  5. domande retoriche;
  6. puntini di sospensione.

Il metodo infallibile per riconoscere un titolo clickbait, poi, è quello di confrontarlo con il contenuto effettivo dell’articolo e vagliarne le incongruenze.

Le conseguenze del clickbait sul giornalismo contemporaneo

Le conseguenze del clickbaiting, che molto spesso è associato a contenuti di dubbio valore o interesse, sono molto negative. Seppure possa nell’immediatezza far crescere il numero di lettori, non fa altro – nel medio e nel lungo termine – che allontanarli sempre di più, incrementando il sentimento di sfiducia nei confronti dei giornalisti e incentivando la disinformazione.

E poi i giornalisti devono tener conto dei principi deontologici di accuratezza e rilevanza che, nel caso del clickbaiting, non possono essere rispettati.

La corsa al clic, più in generale, contribuisce al sovraccarico di informazioni, amplifica le divisioni sociali, riduce i tempi per la verifica delle notizie e inganna i lettori.

Come contrastare il clickbaiting

Per contrastare il clickbait e promuovere una corretta informazione giornalistica è fondamentale insegnare ai lettori come valutare le fonti e i titoli, usare i siti che verificano e smentiscono notizie false o ingannevoli, pretendere che le piattaforme social e i motori di ricerca implementino gli algoritmi per ridurre la visibilità di simili contenuti. Questo, in parte, sta già avvenendo.

Titoli persuasivi

Innovare non significa manipolare. È possibile attirare l’attenzione del pubblico su notizie, inchieste e approfondimenti di reale valore senza false promesse, senza sfruttare le sofferenze personali, senza creare panico e allarme ingiustificati.

Bisogna sviluppare nuove metriche di successo che vadano oltre le visualizzazioni e che premino, invece, il tempo di permanenza sulla pagina (uno dei principali core web vitals), il tasso di conversione a iscrizioni alla newsletter, la capacità di generare una discussione costruttiva e di portare a cambiamenti concreti nel mondo reale.

Occorre sviluppare nuovi modelli di business che non dipendano esclusivamente dalle visualizzazioni pubblicitarie, ma da:

  • abbonamenti e membership;
  • fondazioni e finanziamenti no-profit;
  • corsi, consulenze e servizi;
  • finanziamenti pubblici.

Meglio creare contenuti di alta qualità che pochi leggeranno, oppure compromettere leggermente i propri standard per raggiungere un pubblico più ampio?

Esiste una terza via: elaborare titoli emotivamente coinvolgenti ma veritieri, usare domande che suscitino vera curiosità intellettuale, mantenere all’interno dell’articolo le promesse del titolo, citare numeri e statistiche sorprendenti ma verificati, ottimizzare i contenuti per i motori di ricerca.

Se vuoi imparare a fare tutto questo, io posso aiutarti con un percorso personalizzato che ti consentirà di far crescere le visualizzazioni e l’interesse generato dai tuoi contenuti, senza venir meno all’etica professionale. Compila il form per ricevere tutti i dettagli.