AI per giornalisti

AI per giornalisti: rischi e opportunità per i media

Il mondo dell’informazione sta vivendo una trasformazione radicale. Le redazioni stanno affrontando sfide economiche di un certo peso e l’intelligenza artificiale bussa alla porta come una tecnologia potenzialmente rivoluzionaria, capace di ridefinire processi consolidati e aprire nuovi orizzonti creativi. Ma quali sono le reali implicazioni dell’AI per giornalisti? Quali opportunità offre e, soprattutto, quali rischi comporta per l’ecosistema mediatico?

Come l’AI sta trasformando le redazioni

L’adozione dell’intelligenza artificiale per i media è un fenomeno in rapida accelerazione che sta ridisegnando i contorni del panorama giornalistico globale. Secondo un rapporto del Reuters Institute for the Study of Journalism, oltre il 78% delle organizzazioni mediatiche ha già implementato qualche forma di tecnologia basata sull’AI nelle proprie operazioni quotidiane. Una diffusione non casuale che risponde a precise necessità economiche e produttive.

Le redazioni di oggi si trovano a dover produrre più contenuti che nel passato e ad adattarli a un numero crescente di piattaforme e formati. Tuttavia, trovano a loro disposizione risorse umane ed economiche sempre più limitate.  L’AI per giornalisti si propone come una potenziale soluzione al problema.

Le applicazioni

L’AI nel giornalismo può essere intervenire in ogni fase della produzione informativa:

  • analisi di grandi volumi di dati e documenti, così da individuare tendenze o anomalie;
  • generazione automatica di notizie basate su dati strutturati;
  • trascrizione e traduzione automatica di interviste e conferenze;
  • fact-checking assistito e verifica delle fonti;
  • personalizzazione dei contenuti in base alle preferenze degli utenti;
  • ottimizzazione dei titoli e della distribuzione dei contenuti.

Dietro tutte queste attività, però, si celano implicazioni profonde per la professione giornalistica, il suo valore sociale e la sua sostenibilità economica.

In che modo una IA può essere utile ai giornalisti: oltre l’automazione

Bisogna superare la visione semplicistica che riduce i sistemi di intelligenza artificiale in strumenti per sostituire il lavoro umano. questi sistemi a meri strumenti di automazione e sostituzione del lavoro umano. L’intelligenza artificiale offre potenzialità che, se correttamente integrate nei flussi di lavoro redazionali, possono potenziare la qualità del giornalismo piuttosto che svilirla.

L’AI nel giornalismo d’inchiesta

Una delle applicazioni più promettenti dell’AI riguarda la capacità di processare e analizzare enormi quantità di informazioni in tempi ridotti: un grande aiuto per il giornalismo investigativo e data driven.

Il Washington Post, ad esempio, ha sviluppato un sistema chiamato Heliograf che ha consentito ai reporter di analizzare milioni di documenti finanziari. Ciò che avrebbe richiesto mesi di lavoro manuale è stato completato in pochi giorni, permettendo ai giornalisti di concentrarsi sull’interpretazione dei dati anziché sulla loro estrazione.

In modo simile, ProPublica utilizza algoritmi di machine learning per identificare discriminazioni sistemiche o abusi nei dati pubblici che altrimenti potrebbero passare inosservati. L’uso strategico dell’AI per giornalisti ha portato a inchieste premiate con il Pulitzer, dimostrando come possa elevare, anziché sminuire, gli standard del giornalismo di qualità.

Superamento delle barriere linguistiche e accessibilità

Grazie all’intelligenza artificiale possiamo essere, almeno potenzialmente, più informati rispetto a ciò che succede nel mondo grazie al superamento delle barriere linguistiche. Esistono, infatti, strumenti di traduzione automatica sempre più sofisticati, che consentono ai reporter e ai comuni cittadini di accedere a fonti in lingue straniere, oltre che a condividere i propri contenuti con il mondo intero, come fa la BBC.

L’intelligenza artificiale nell’editoria rende i servizi più inclusivi. Gli algoritmi di sintesi vocale avanzata permettono di trasformare gli articoli scritti in contenuti audio per persone con disabilità visive e viceversa.  

Fact-checking e verifica in tempo reale

Il fact-cheching e l’AI per giornalisti vengono posti spesso come termini antitetici. Se è vero che nessun robot potrà mai sostituire il giudizio critico del giornalista, alcune piattaforme – come Full Fact nel Regno Unito – consentono di monitorare le affermazioni pubbliche e confrontarle con i fatti verificati presenti nel database, fornendo preziosi spunti in caso di incongruenze. Altre piattaforme, invece, analizzano in tempo reale l’autenticità di immagini e video. Tutto questo può amplificare le competenze dei professionisti.

Personalizzazione e analisi dell’engagement

Un altro ambito in cui l’AI per giornalisti sta dimostrando di essere promettente è l’analisi approfondita del comportamento dell’audience. Algoritmi sofisticati monitorano quali contenuti generano maggiore engagement, quanto tempo i lettori dedicano a ciascun articolo e quali argomenti suscitano più interesse.

Il New York Times ha implementato un sistema chiamato Echo che analizza il comportamento dei lettori su diverse piattaforme per suggerire ai giornalisti quando e dove pubblicare determinati contenuti per massimizzarne l’impatto. Questo approccio data driven consente di ottimizzare la distribuzione delle notizie senza compromettere l’integrità editoriale.

La personalizzazione rappresenta un’estensione di questa logica, permettendo di adattare automaticamente alcuni elementi dell’esperienza informativa alle preferenze individuali degli utenti. Ciò può tradursi in homepage dinamiche che evidenziano notizie più rilevanti per specifici lettori o newsletter personalizzate che selezionano contenuti in base agli interessi dimostrati. Questa personalizzazione, tuttavia, solleva questioni etiche di non poco conto.

I rischi dell’AI nel giornalismo: sfide etiche e professionali

Bisogna essere onesti: l’AI per giornalisti non offre solo opportunità, comporta anche rischi non trascurabili che minacciano l’ecosistema informativo.

Le “allucinazioni” dell’AI

Uno dei limiti più evidenti degli attuali sistemi di intelligenza artificiale riguarda la loro tendenza a produrre informazioni apparentemente plausibili ma false, a ricorrere a citazioni e riferimenti completamente inventati, soprattutto su argomenti “di nicchia”.  

Opacità algoritmica e pregiudizi

I modelli di deep learning più sofisticati, come quelli alla base dei Large Language Models (LLM), funzionano come complesse reti neurali che rendono difficile la comprensione sul processo seguito per produrre le loro conclusioni (o output). Ciò va nettamente in contrasto con i principi di trasparenza e verificabilità che sta alla base del buon giornalismo. Quest’opacità algoritmica contrasta con i principi di trasparenza e verificabilità che sono alla base del buon giornalismo.

Diversi studi, poi, hanno evidenziato come i sistemi di AI tendano a perpetuare tutti i pregiudizi presenti nel database. Questo può tradursi in una distorsione della realtà, al rafforzamento degli stereotipi che sono già sottorappresentati nel dibattito pubblico.

La sfiducia nel giornalismo

Le persone si fidano sempre meno dei media e i giornalisti possono fare la differenza migliorando la qualità dei loro servizi, indicando le fonti utilizzate e allegandole a supporto. L’adozione acritica dell’AI nell’editoria, invece, rema contro la loro autorevolezza, a partire dai titoli “acchiappaclic” che propone.

E poi te ne sarai già accorto/a leggendo diversi testi online: la percezione che un contenuto sia stato prodotto da un’intelligenza artificiale tende a ridurre la fiducia dei lettori nella sua accuratezza.

Precarizzazione e deskilling della professione

Internet, tagli ai fondi pubblici per l’editoria e “tesserifici” hanno già duramente colpito i professionisti occupati nelle redazioni. Se sistemi automatizzati possono produrre articoli semplici, quali conseguenze ci saranno per i giornalisti a inizio carriera che, fino a oggi, si sono formati proprio attraverso questo tipo di contenuti?

Oltre alla potenziale perdita di posti di lavoro, esiste il rischio di un progressivo “deskilling” della professione, con giornalisti ridotti a supervisionare o modificare marginalmente contenuti generati da algoritmi, anziché sviluppare pienamente le proprie capacità di ricerca, analisi e scrittura.

In ultima analisi, con l’AI i giornalisti rischiano di svolgere la loro funzione di “cani da guardia” della democrazia.

Il Codice deontologico delle giornaliste e dei giornalisti nell’era dell’AI

Il nuovo Codice deontologico delle giornaliste e dei giornalisti italiano, che sostituisce il vecchio Testo unico dei doveri, nasce anche per rispondere alle specifiche problematiche sollevate dall’AI per i giornalisti e per regolamentarne l’uso. Come stabilito dall’art. 19, i giornalisti devono:

  • rendere esplicito l’uso dell’intelligenza artificiale nella produzione di testi, immagini e suoni, assumendosene responsabilità e controllo;
  • verificare le fonti e la veridicità dei dati e delle informazioni utilizzati.

Questa prescrizione, per alcuni aspetti, rafforza quanto stabilisce già l’articolo18, che obbliga giornalisti e giornaliste ad accertare l’attendibilità delle informazioni raccolte e citare le fonti, salvo nel caso in cui chiedano espressamente di rimanere riservate.

Oltre alle sanzioni disciplinari, l’uso improprio dell’intelligenza artificiale potrebbe esporre il giornalista e la testata a responsabilità civili o penali, soprattutto in casi di diffamazione, violazione del copyright o pubblicazione di notizie false.

Intelligenza artificiale editoria: nuovi modelli di business e sostenibilità

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nel settore dell’informazione apre le porte anche a opportunità di business in un settore che da anni affronta una crisi strutturale di sostenibilità economica. Oltre al potenziale risparmio di tempo e denaro, l’AI può:

  1. personalizzare i paywall, identificando il momento ottimale per proporre un abbonamento e personalizzando le offerte in base alle preferenze;
  2. creare contenuti sintetici e multimodali, con riassunti personalizzati e visualizzazioni interattive di dati, con strategie proprie di monetizzazione;
  3. servizi a valore aggiunto, come gli assistenti virtuali che forniscono informazioni personalizzate. Questo servizio, ad esempio, è offerto dal Financial Times.

Attenzione: un potenziale flusso di ricavi riguarda le violazioni del copyright dagli stessi sistemi di AI generativa. Il New York Times, per esempio, ha intrapreso azioni legali contro OpenAI e Microsoft.

Hai notato che le AI Overviews di Google sono arrivate pure in Italia? Leggi il mio articolo sull’argomento.

Giornalismo digitale e AI: verso un nuovo paradigma professionale

L’incontro tra giornalismo digitale e intelligenza artificiale sta ridefinendo i confini tradizionali della professione giornalistica. Oltre alle competenze necessarie per eccellere nella professione – come le capacità di scrittura, ricerca e analisi critica – i giornalisti di oggi devono:

  • conoscere i principi fondamentali dell’intelligenza artificiale, con le sue potenzialità e i suoi limiti, per usarla in modo responsabile;
  • saper individuare i bias nelle analisi quantitative dei dati;
  • essere abili nel selezionare, verificare e contestualizzare le informazioni provenienti da molteplici fonti;
  • saper lavorare in team, con professionisti dal background diverso;
  • essere abili nell’ottimizzazione dei testi per i motori di ricerca (SEO). Se sei interessato/a all’argomento, leggi il mio approfondimento sui cambiamenti SEO dettati dall’AI;
  • saper elaborare media pitch davvero esclusivi.

Cosa ci aspetta? Il futuro probabilmente non vedrà né una completa automazione né un rifiuto totale dell’AI, ma piuttosto l’emergere di modelli ibridi di produzione informativa dove intelligenza umana e artificiale collaborano sinergicamente in flussi di lavoro integrati. I modelli che stanno prendendo forma – anche nelle principali redazioni italiane come quella de Il Post – sono quelli dell’automazione selettiva, della collaborazione assistita e della specializzazione complementare.

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